giovedì 22 novembre 2012

Alto come un vaso di gerani



Giacomo Poretti, in arte “Giacomino” del trio Aldo, Giovanni e Giacomo scrive una poetica e delicata autobiografia che si apre con una lettera al figlio e si dipana come un diario, da Villa Cortese a Milano. Forse proprio al figlio vuole consegnare traccia di un tempo che non c’è più. Le emozioni, i ricordi, le passioni, i sogni di Giovanni Poretti sono narrati con garbo, a tratti con lieve umorismo in altri passi con struggente dolcezza. 

Il tempo della povertà, delle fabbriche di Villa Cortese e Legnano come di tutto il Nord in quegli anni del boom economico che ci avrebbero poi travolti tutti, l’Inter, il Circolone, la speranza comunista, i personaggi del paese. Giacomo Poretti narra la quotidianità della sua famiglia e di quel microcosmo di umanità che è Villa Cortese, rammenta i momenti di scuola, il lavoro da operaio e poi quello in ospedale, il suo rapporto con la fede e quello, tormentato, con la sua bassa statura. 

Gli amici, la nonna piccola e la nonna grande, il parroco, i compagni di scorribande sono il mondo di quella provincia lombarda degli anni ’60 che ritroviamo nella storia di Giacomo Poretti come spaccato di costume e cultura e come patrimonio di valori e sentimenti. 

Ma i tempi cambiano, profondamente. E Giacomo approda a Milano e al teatro, come aveva tanto desiderato. Lascia il posto fisso da caposala nello sconcerto di tutti e trova i nuovi “soci”, Giovanni e Giacomo. Ma soprattutto trova l’amore, per la moglie. E un figlio diventa l’occasione per tirar fuori dallo scrigno della memoria il cammino di un bambino alto come un vaso di gerani diventato adulto e cresciuto molto, non in altezza ma in centimetri di vita. Non perché sia diventato un comico affermato ma perché ha conservato la sensibilità di sempre e ha saputo tradurla in parole.

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